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Non voltarti, vola. Giornata contro la violenza sulle donne 2022

                                                               

                                                                           25 novembre

E poi, all'improvviso, mentre lavoriamo, facciamo shopping, guidiamo con la radio accesa, aspettiamo il telegiornale, eccola che ritorna.

La giornata contro la violenza sulle donne. Rieccola. Come un' intrusa, mentre pensavi a tutt'altro, o per dirla alla Renato Pozzetto in una nota pubblicità, come uno di quegli eventi annuali che prima o poi rispuntano. Come il Natale, la Pasqua e il panettone. All'improvviso arriva. Non solo, ma il tormentone parte qualche giorno prima, del 25 novembre, col solito tam tam. E basta ! Femicidi e femminicidi non si fermano comunque, ancora troppe esponenti del genere femminile vengono ammazzate con la soppressione fisica della vita ovvero con la sola soppressione sociale, alias: l' omicidio e le violenze sulle donne tanto continueranno a verificarsi

La giornata internazionale contro la violenza sulle donne, però, serve. A ricordarci bene cosa sia violenza. A ridefinirne i contorni, i contenuti e il senso. Serve e come, perché il dramma della dinamica di come il genere più schiacciante si riversi su quello che subisce ha tra le diverse caratteristiche quella di farsi dimenticare, o meglio, rimuovere dalle nostre menti. Lo si abbandona facilmente, dopo “la festa”, questo pensiero, perché pesa. La violenza è un pensiero pesante, che  coinvolge, più o meno, tutti, e la cui declinazione avviene in più forme, con differenti armi, che vanno riconosciute e arginate, perché sempre più facilmente individuabili.

X - 19 anni femmina. Subiva quotidiani maltrattamenti e violenze psicologiche dal padre, finché una sera, per dimostrare all' "uomo" che cosa le stesse facendo patire, prese un coltello per affettare il salame e lo avvicinò al proprio braccio chiedendogli di smettere di umiliarla costantemente, usandola come sfogo per le proprie frustrazioni con una rabbia senza soluzione di continuità. Gli chiese di smetterla perché la stava ammazzando dentro. Il momento non doveva essere dei più propizi, però, dato che il suo papà, forse ubriaco, forse drogato, o forse soltanto folle, impugnò il coltello da cucina e le tranciò i vasi sanguigni di un polso. L'ultima cosa che X vide prima di perdere conoscenza fu una vasca da bagno diventata rossa, perché inondata dal suo sangue. Si risvegliò in quella stessa casa (non in ospedale) assistita dallo stesso familiare autore delle lesioni ( art. 582 con la circostanza aggravante di cui all'articolo 583 del codice penale). Nessun passaggio in pronto soccorso, di conseguenza nessun referto, e quindi nessuna pena per l'autore delle lesione. La vittima non morì, evidentemente non ci fu da parte del soggetto anche questa volontà. Se la cavò, donna fortunata, con una lunga e silente convalescenza. 
Nessuna denuncia fu sporta da X, oggi amata e rispettata dalla sua nuova famiglia, dopo una vita in fuga. Non vi furono denunce neanche dopo le altre innumerevoli lesioni subite. Le donne vittime di violenza spesso ignorano i propri diritti, e in più, a volte, si trovano circondate da un vuoto creato intorno a loro dai carnefici stessi, al mero scopo di continuare a commettere, impuniti, vessazioni e violenze.
Il vuoto intorno è strumento d'offesa. La cosiddetta terra bruciata, attraverso la manipolazione dell'ambiente comune, l'isolamento, l'intimidazione della persona che vive una condizione di violenza, fisica e/o morale, è la più grande arma per chi ne è avvezzo. A ciò si aggiunga che molte tipologie di criminali, anche donne verso donne, certamente disturbate, molto spesso usano l'indifferenza e l' omertà per indebolire e danneggiare coloro che stupidamente percepiscono come potenziali rivali. Dai dati statistici emerge, difatti, come oggi omissione e omertà non vengano ascritte solo a timore di esporsi, purtroppo; ma alla coscienza e volontà di danneggiare l'altra. L'indifferenza sconfina così nella correità e quanto al danno, la violenza, per la vittima, costituisce prima di tutto un danno esistenziale, quel danno che si estrinseca nel peggioramento della qualità della vita.

CX 18 anni maschio -  Adolescente sociopatico con l'abitudine di molestare insistentemente, a gesti opere e parole, la figlia di amici di mamma e papà, sovente con oscenità in presenza d'altri, inadeguati e muti, per meglio schiacciarla. La vittima prova a raccontare le violenze costretta a subire, ma i genitori, gregari e sottomessi ai loro conoscenti, nulla fanno, finchè la giovane, rivoltasi ad un'associazione, non denuncia il pervertito, indi perseguito e punito. Cx si vede costretto a intraprendere un percorso psichiatrico sotto stretto controllo dell'autorità competente, ma l' autorità giudiziaria, non escludendo la capacità di intendere e volere del soggetto, riconosce alla vittima un duplice danno, oltre quello morale anche quello esistenziale. Denunciare aiuta anche i violenti.

Due storie vere, scelte e pubblicate sotto rigoroso anonimato, che, attenendo ad "ordinario femminicidio", sono utili paradigmi di come possa irrompere la violenza nelle vite quotidiane dei nostri vicini, conoscenti, amici e parenti, non di rado di fronte a chi vede e abbassa lo sguardo, sente e non ascolta, o finge di non aver visto e sentito. E allora se è vero che moltissimo deve ancora cambiare, va da sé che la strada dove far camminare la svolta siamo noi. Tutti.

Considerazioni e dati

L'Istat riporta che l’uso di armi, contundenti, bianche o da fuoco, riguarda circa il 4,5% delle violenze da partner e il 3,5% di quelle commesse da soggetti non partner, vale a dire fratelli conoscenti padri.

Nella metà dei casi, per di più, delle violenze subite dai non partner era presente qualcun altro, quota che è più elevata nel caso delle molestie. Dei quali soggetti: il 37,2% non è intervenuto, il 33,2% sembra non essersene accorto.

Dunque la 
giornata tam tam serve. 

E la moda del #metoo ?  Serve anche questa, perché le vittime vanno incoraggiate ad elaborare le violenze subite  prendendone coscienza. I racconti delle vittime servono a tutte, a chi esterna, liberandosi, e a chi tace. Serve a riconoscere la violenza per ribellarsi con le modalità più efficaci tramite dovuto supporto. Serve ad acquisire consapevolezza dei fatti violenti di cui si è state o si è vittime, per non permetterli più.
Molte donne ancora oggi 
neanche sanno che quello che stanno vivendo va denunciato oppure, peggio, vivono condizionamenti tali da credere di meritarlo. Ma non è così, la violenza attiene ai vermi. E alle donne, ridotte in ginocchio, che vivono in contesti soggioganti, moralmente e verbalmente ancora prima che fisicamente, va chiesto di allontanarsi immediatamente e senza voltarsi indietro. 

Dopo, e soltanto dopo, esservi rialzate, leggere, consapevoli e felici, se per caso vi capiterà, potrete riguardare quei puntini laggiù, ma senza voltarvi, né abbassarvi, né sprecarvi in alcun altro modo, solo volandogli sopra.

Dovere di cronaca

 

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