Cuperlo: La nostra sfida per rifondare i democratici
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- Pubblicato Venerdì, 26 Aprile 2013 10:50
Enrico Letta è stato negli ultimi quattro anni il vicesegretario del Pd. Oggi ha il compito di guidare un governo di emergenza col concorso di una parte del cetnrodestra e di Mario Monti.
E con l`opposizione di SeL, 5Stelle e forse della Lega. Questa la fotografia. Su come ci siamo arrivati bisognerebbe scrivere qualche riga in più, ma in una sintesi si devono almeno citare il collasso del nostro partito, la riconferma di Napolitano, le dimissioni di Bersani e dell`intero vertice democratico, le tabelle angoscianti sull`impoverimento di famiglie, lavoratori e imprese. Il voto di febbraio si era risolto come sappiamo, senza un vincitore e una maggioranza certa. Da lì il tentativo per un governo di cambiamento. Il rifiuto di Grillo. La paralisi, sino al precipitare della crisi politica. Il Capo dello Stato ha usato lunedì parole sferzanti e ha condizionato il suo mandato alla capacità dei partiti di assumersi le proprie responsabilità. Abbiamo applaudito in piedi. Dopodiché ci siamo riuniti e abbiamo offerto al Colle la disponibilità piena a contribuire al nuovo governo. I fatti, più o meno, sono andati così.
Detto ciò, il punto decisivo per noi è in quale modo spiegare un cambio radicale di strategia come quello che stiamo per compiere sotto la pressione di giornate drammatiche e in una condizione di necessità per il futuro del Paese. Cioè come riusciamo a motivare lo sbocco che per mesi abbiamo escluso dall`orizzonte delle cose possibili, e non in ragione di un pregiudizio ma di una valutazione sull`impatto che questa soluzione avrebbe avuto sulla crisi. Lo ricordo perché noi non abbiamo respinto le larghe intese solo perché c`era Berlusconi. Abbiamo detto di no perché era una risposta che non faceva il bene e l`interesse dell`Italia. Ecco perché questo passaggio è così difficile nel rapporto con quella parte dell`opinione pubblica a cui abbiamo chiesto di crederci quando giuravamo che questa politica non l`avremmo decisa mai. Adesso stiamo per fare l`opposto, non per convenienza o paura ma perché ce lo impone il cedimento di un intero organismo sociale, politico, istituzionale. E perché ce lo chiede la sola figura che agli occhi degli italiani mantiene un grado elevato di autorevolezza. Di questo si tratta e nessuno tra noi può sottovalutare le implicazioni di questa nuova realtà.
Ora, non credo che una svolta tanto radicale si possa governare soltanto mettendo l`accento sul profilo della nostra presenza lì. Di chiunque si parli. E sinceramente non capisco la foga a rivendicare fino in fondo un «governo politico». Certo che il governo sarà politico, tutti i governi lo sono. Ma bisogna sapere che più noi stessi carichiamo di un profilo di partito questo passaggio (con le diverse delegazioni di ministri dell`uno e degli altri), più la parentesi che si apre tenderà a venire vissuta come il governissimo osteggiato a parole. Il Pd è in partita con una delle sue figure di maggiore capacità e prestigio, ed è una cosa che conta. Ma se ancora margini esistono per rafforzare il senso di un`operazione necessaria al Paese, li si colga sino in fondo offrendo l`immagine di un governo composto da personalità autorevoli. Alcune potranno avere un profilo politico, altre - forse la maggioranza - dovrebbero essere espressione della civiltà migliore, della cultura e delle professioni, del lavoro e di quella banca della generosità che vive in tante associazioni e movimenti. Voglio dire che servono personalità che siano esempi e risorse della società, e non banalmente dei «tecnici», fosse solo perché l`ultima prova di quest`ultimi ha confermato come spesso non coincidono affatto con l`eccellenza.
Aggiungo che penso vi siano altre due condizioni per affrontare il passaggio. Da un lato avere una chiarezza estrema sulle cose che il governo si impegna a fare: poche, essenziali, urgenti, con provvedimenti scadenzati e d`impatto. Sia sul versante economico, a cominciare da come si ricontrattano a Bruxelles i tempi del pareggio di bilancio e una flessibilità sul deficit, che su quello istituzionale, legge elettorale, costi della politica, fine del bicameralismo. Per dire, forse sarebbe un segno se il primo consiglio dei ministri comunicasse cinque delibere: il ritorno alla vecchia legge elettorale coi collegi, l`esenzione dall`Imu sino a 800 euro, la copertura intera degli esodati chiudendo una pagina indecente, i fondi alla cassa integrazione in deroga e il blocco dell`aumento Iva a luglio. E le risorse? Insisto, la trattativa con l`Europa ha da essere immediata, convinta e radicale, almeno se vogliamo salvare quel minimo di coesione sociale che regge in una nazione dove sette famiglie su dieci nel primo percentile di reddito (chi sta peggio) hanno tagliato le spese per la sanità (visite e indagini cliniche) e spende il poco che ha per comprare i medicinali.
Allora, ripeto, fare alcune cose - poche - e farle subito. Dall`altro lato, conterà la durata limitata di un percorso che ci vede obbligati ma lascia non risolto il tema della nostra alternativa alla destra e di un`altra idea di Paese. Immagino che un congresso davvero fondativo, da fissare subito, dovrà aggredire esattamente questo tema. Tenendo assieme la riflessione sulla natura e organizzazione del Pd - nei termini di una sua rifondazione con le convinzioni che metteremo a fondamento di un Paese da rivoluzionare nella sua costituzione materiale. Penso che potrà essere una discussione seria, ricca e concentrata su grandi alternative ideali, culturali e di impianto. Bisognerà cambiare molto, moltissimo. Spezzare l`identificazione tra il partito e le istituzioni. Separare la carica del segretario da quella dell`aspirante premier. Rivedere i meccanismi delle primarie. Ripensare completamente il legame tra partito, movimenti e società. Fare della crisi la leva per una diversa visione dell`economia, della politica, della persona. Bisognerà tornare a formare una classe dirigente, sapendo che il luogo esclusivo di quella formazione non possono essere le amministrazioni. Credo che Bersani potrebbe condurci a quell`appuntamento prima di tutto perché non è su di lui che va rovesciato il peso di errori che appartengono a tutti noi. Se invece la sua decisione di rimettere il mandato fosse irrevocabile, è giusto sfruttare l`Assemblea nazionale del 4 maggio per accelerare ogni procedura. Se davvero abbiamo davanti mesi difficilissimi, la sola cosa che non possiamo fare è rimanere paralizzati dalle nostre impotenze, divisioni o paure. Smetterla di insolentirsi reciprocamente a mezzo stampa, arginare una spirale televisiva di protagonismo, visibilità e consenso che tutto risucchia e che finisce col prosciugare lo spirito del confronto, spostando il luogo della decisione altrove. Riscoprire, in primo luogo tra noi, un linguaggio composto, meno aggressivo o violento perché nel dramma del Paese non saranno i decibel a distinguere il buono dal danno, ma come sempre lo faranno le idee. Affrontiamo la discussione sulla crisi del progetto, assumiamoci il peso dei nostri errori e proviamo a ripartire, ripensando regole e contenuti. D`altra parte se è vero che abbiamo visto il peggio di noi, la sola cosa da fare è guardare oltre per cercare di dare il meglio. Non sarà facile, ma è ciò che serve.