Quel disastro è un monito: le comunità vanno rispettate
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- Pubblicato Mercoledì, 09 Ottobre 2013 10:49
Qualche giorno fa, in visita nei luoghi del disastro del Vajont, ho sentito un forte sentimento di debito. E non come ministro della Repubblica, ma come cittadino, come italiano. Bisogna andare al cimitero di Fortogna. Andare a leggere quei nomi. Di molte di quelle vite spazzate via e sommerse non rimase che un nome. Sono 1910 quelli scolpiti nelle lapidi, 1910 i morti secondo la cifra «ufficiale». Ci sono momenti nella vita di una nazione in cui lo Stato e chi lo rappresenta hanno il dovere di assumersi la più difficile delle responsabilità, la più grave: chiedere scusa ai propri cittadini.
Se si parla di «incuria dell`uomo» nella legge che istituisce la Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali, una legge in qualche misura ispirata dal Vajont, vuol dire che ancora oggi lo Stato - forse solo per distrazione - non onora il debito con la memoria. Correggere questo errore è oggi un dovere di tutto il Parlamento. E soprattutto è un dovere quando purtroppo per ragioni similari facciamo ancora troppi conti quotidiani con inaccettabili perdite di vite. È successo in queste ore nel tarantino, era capitato qualche giorno fa in Maremma.
La memoria è esigente, deve esserlo: il Vajont è stato opera dell`uomo, con la sua audacia e le sue colpe, è la violazione di un limite nella trasformazione della natura, è il rapporto superficiale con la scienza, è l`imprudenza nel perseguire il progresso. Per tutto questo, la parole non possono limitarsi alla commemorazione.
Devono avere un preciso significato politico: perché come allora, e forse più di allora, il rapporto dell`uomo con la natura nel processo di sviluppo è il tema del nostro tempo. Tanta strada è stata fatta dal 1963. Le garanzie per la sicurezza dei cittadini, le tutele ambientali nell`opera di trasformazione del territorio, sono acquisizioni normative, vincoli sempre più stringenti. Eppure, se guardo alle questioni con cui sono chiamato ogni giorno a confrontarmi, il disastro del Vajont resta un monito sempre attuale.
La grande questione della difesa del suolo e della sicurezza idrogeologica resta una vera e propria emergenza nazionale: 5581 comuni ricadono in aree classificate a potenziale rischio più alto. Per questo mi sono impegnato, con l`intero governo, a promuovere un disegno di legge per il contenimento del consumo e per il riuso del suolo che sta aspettando da quest`estate il parere della Conferenza unificata Stato-Regioni che mi auguro sia positivo e rapido perché questa legge - e voglio dirlo a tutte le forze politiche - è una assoluta priorità.
Bisogna avere la consapevolezza che i mancati interventi di prevenzione ambientale, rischiano di generare un costo molto più alto poi per riparare i «disastri».
Il Vajont è poi sempre attuale perché richiama l`insieme delle questioni intorno alle grandi opere, specialmente in contesti naturali di una bellezza che il mondo ci invidia. Rispetto a 50 anni fa possiamo forse vantare una maggiore fiducia nella tecnica. Ma non dobbiamo mai abbassare la guardia. C`è una saggezza antica delle popolazioni che merita fiducia, attenzione, rispetto. Perché anche questo ci insegna la tragedia del Vajont: penso alle famiglie di Erto che si opponevano, finché poterono, alla costruzione della diga; penso a chi denunciò per tempo, come Tina Merlin, quello che già si sapeva e che si poteva evitare.
Non si tratta di accettare l`opposizione alle opere. Si tratta di fare un investimento nella partecipazione della popolazione alle decisioni. Per queste ragioni ho proposto al Consiglio dei ministri di introdurre nel nostro Paese lo strumento del «debat public», attraverso procedure di consultazione delle popolazioni sulla realizzazione delle grandi opere che incidono sull`ambiente e la vita delle comunità locali.
Solo se coinvolgimento e partecipazione vengono garantiti fin dall`inizio, le scelte potranno essere perseguite con efficacia e tempestività, in quanto «accettate» in fase decisionale e non contestate a posteriori fino allo stallo. La memoria del Vajont è qui a ricordarci oggi che non si possono ripetere gli errori del passato.
Perché, come scrisse Tina Merlin sull`Unità all`indomani della catastrofe: «Non si può soltanto piangere, è tempo di imparare qualcosa».