Brasil mundial: punti di vista controcorrente
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- Pubblicato Venerdì, 21 Giugno 2013 16:25
A ben vedere, qualche motivo per essere orgogliosi lo avrebbero pure avuto: negli ultimi 2 mandati presidenziali e mezzo – quelli maggiormente impegnati sul fronte delle politiche sociali – 35 milioni di brasiliani hanno lasciato la povertà e sono ormai classe media. Più del 50% della popolazione è definito sotto questa dizione dalle statistiche, con un 27% ancora di poveri e poco più del 20% di ricchi. 28 milioni di posti di lavoro sono stati creati in dieci anni, con un paese in sostanziale pieno impiego. Importanti investimenti in tecnologia, ricerca e innovazione stanno migliorando l’industria e l’agricoltura. Si è creata una rete di piccole e medie imprese rivolte per lo più al mercato locale e che, a breve, dovranno confrontarsi su scenari più ampi per misurare (e eventualmente migliorare) la propria competitività. Debiti in ordine e conti pubblici sotto controllo, coefficiente di Gini in costante e progressiva diminuzione completano il quadro di un “paese sull’orlo del baratro” che certa stampa vuole trasmettere.
Va tutto bene, allora?
Certo che no. Vanno migliorate la qualità della scuola pubblica e della sanità. Va messo un argine a un sistema pensionistico che, come gli economisti più accorti non hanno mancato di mettere in luce, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione rischia di andare in tilt. Va assolutamente rivisto il comparto della sicurezza e della lotta alla criminalità perché violazioni accertate dei diritti umani ci sono state e ci sono ancora. Il real è troppo apprezzato sul dollaro e questo mette a rischio la capacità di export del paese e la sua tenuta economica. Le infrastrutture sono inadeguate per il programma di accelerazione della crescita che il Brasile si è dato nell’era Lula/Dilma e per il posto che vuole avere in America latina. L’alto livello del tasso di sconto - che tiene a freno un’inflazione in aumento - penalizza per converso la crescita del Pil. Last but not least, la dipendenza dall’export di materie prime potrebbe subire un rallentamento per la minore domanda cinese e asiatica. È chiaro, quindi, che le riforme da mettere in campo saranno dure e avranno costi elevati. “Non toccheranno le politiche sociali” – ha tuttavia dichiarato la Presidente.
Che sta succedendo in Brasile?
È per tutto questo che il buon senso vorrebbe che le analisi di questi giorni avessero maggiore equilibrio. Che la buona fede guidasse le penne degli analisti. Che i testi fossero più prudenti. Perché se le parole volano via, gli scritti pesano.
E allora, che sta succedendo in Brasile? Come è possibile che l’aumento di pochi centesimi del biglietto del bus provochi tante e tali proteste? Andiamo con ordine.
Le manifestazioni pacifiche e colorate degli studenti e dei giovani – che sono la maggioranza rispetto ai soliti “idioti” che hanno commesso violenze e devastato le vetrine di banche e di negozi – sono il segnale di una conquistata stabilità politica, della tenuta democratica del sistema, del fatto che il Brasile sia ormai una democrazia compiuta dove il diritto a manifestare pacificamente è riconosciuto e tutelato. Persino condiviso dall’esecutivo, su alcuni temi.
Sono i giovani del nuovo Brasile che non si rassegnano, che vogliono un paese all’altezza delle proprie aspettative, che hanno paura che l’inflazione crescente – l’incubo del paese negli anni precedenti il risanamento economico di Fernando Henrique Cardoso – possa bruciare la speranza di accedere a una università migliore. Sono quelli che credono che i 15 miliardi di dollari che il Paese spenderà per i mondiali 2014 potessero essere meglio utilizzati per l’istruzione, la sanità, la formazione professionale, il sistema del trasporto pubblico, il risanamento e la tutela ambientale. Che hanno paura che il costo dell’evento sarà a loro carico e che a pagare il prezzo finale saranno i loro sogni e le loro ambizioni.
Le manifestazioni sono un richiamo “etico” al governo, non sono contro il governo: dicono che il paese non può ancora permettersi di giocare tra i grandi perché tanti e tali sono ancora i problemi sul tappeto. Sono un altolà alle possibili corruttele, un invito all’esecutivo a vigilare di più e meglio perché nemmeno un real entri nelle tasche del potente di turno.
L’identikit di chi fischia la Presidente Dilma, invece, è antropologicamente differente: bianco, classe medio-alta - visto che pagato almeno l’equivalente di 100 euro per vedere la seleçao,- non è un elettore di Dilma, non gli importa forse nulla della lotta alla corruzione, non prende mai i mezzi pubblici e quando può spara a zero sul governo socialista che affamerà il Paese.
No, in Brasile non è tutto perfetto.
References
- ^ Fonte: treccani.it (www.treccani.it)