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ma dove sono finiti gli operai?

Ma dove sono gli operai? Fatico a incontrarli nei circoli Pd durante il mio viaggio in Italia[1]. Nei grandi centri la concentrazione degli inviti nelle zone di ceto medio e alto spiega la cosa. Ma non così altrove, a La Spezia e a Napoli, in Veneto e nel modenese, a Marghera.

Ne ho incontrati in discussioni organizzate dal sindacato o dal "campo largo della sinistra", ma non nei circoli del Pd. E nei loro interventi, secchi, legati alla durissima crisi che l'industria conosce in questi terribili mesi, hanno sfatato l'idea "intellettualoide" secondo cui un testo lungo e acerbo come quello che ho scritto non sarebbe roba per loro. Tutto il contrario!

"Se il Partito democratico non tornerà ad occuparsi dei nostri problemi, chiudo i battenti e me ne vado" minaccia il segretario del Pd di Porto Marghera Antonio Cossidente - lucano in terra veneta - che ci spiega che il partito è venuto meno al rapporto fiduciario con gli "elettori operai" e sulle questioni del lavoro "è stato ondivago e, alla fine, non ha tutelato nessuno".

Nel Partito democratico di Marghera l'assenza degli operai è particolarmente eclatante. Ma la fotografia è simile un po' ovunque. E non dovrebbe sorprendermi viste le stime di come hanno votato.
Se ancora negli anni Settanta il naturale interlocutore degli operai era il Pci e forte assai era l'attenzione alla Dc, oggi tra astensionismo e Movimento 5 Stelle, il punto di riferimento di certo non è il Pd: "Almeno Berlusconi ci toglie l'Imu" è il motto di molti, come ci raccontano i pochi che incontriamo.

La "verità vera" è che al Pd manca un progetto chiaro sul lavoro. Manca due volte. È assente l'adesione forte alla priorità del manifatturiero, né più né meno di come l'ha messa giù il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che giustamente chiede "quota 20%": perché lo domanda un paese che non ha materie prime, perché da lì viene l'impulso alla produttività, perché la nostra meccanica come il nostro agro-industria possono essere ancora fonte importante di occupazione e tratto identitario dell'Italia.

E manca l'idea che dal lavoro dipendente dell'industria può venire, come è venuta in passato, una sferzata alla classe dirigente del paese, l'impulso a rovesciare la gerarchia sociale tumefatta che lo blocca.

Ma per realizzare l'una e l'altra cosa il punto di vista di chi lavora in fabbrica deve tornare a farsi sentire nelle unità territoriali come nelle stanze dei gruppi dirigenti del Pd. Confrontandosi in modo informato e vivace con le espressioni del mondo imprenditoriale, piccolo e grande.

Solo così il pensiero dei ceti medi urbani che domina in tutte le stanze dove si assumono decisioni può essere messo alla prova, scremandone la vocazione di rentièr ed esaltandone la capacità innovativa.

Solo così può essere costruito il dialogo giusto con chi il lavoro lo ha perso o non riesce a trovarlo, a cominciare dalle donne e dai giovani segnati da tassi di occupazione tanto bassi da configurare una vera e propria emergenza sociale, o con il lavoro precario frutto di una grave deriva normativa.

Il lavoro tutto ha perso dignità nella dialettica politica. Lo stesso vale, infatti, nelle aree interne del paese, per il lavoro agricolo. Il Partito democratico negli ultimi due anni ha organizzato due conferenze nazionali sul lavoro, che hanno prodotto contenuti di qualità: nei circoli nessuno ne ha mai fatto riferimento, mi chiedo come mai.

Nel documento "Un partito nuovo per il buon Governo"[2] scrivo che, nella generale crisi dei partiti di massa, "si è prodotta una peculiare esclusione del lavoro, in particolare di quello operaio - e quindi della "manifattura" - dalla centralità della rappresentanza politica, anche nei partiti di sinistra.

Questa rappresentanza è divenuta appannaggio prevalente dei nuovi ceti medi urbani, pur faticando i partiti a raccoglierne la spinta creativa e piuttosto accomodandone gli interessi particolari". Forse è il caso che nel processo di revisione di strategia che il Pd deve intraprendere un posto di rilievo lo abbia la ripresa di attenzione al lavoro.

Guarda anche:

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  • Enrico Letta favorevole

  • Guglielmo Epifani favorevole

  • Matteo Renzi favorevole

  • Walter Veltroni favorevole

  • Romano Prodi favorevole

  • Massimo D'Alema indeciso

  • Anna Finocchiaro indecisa

  • Gianni Cuperlo indeciso

  • Laura Puppato contraria

  • Matteo Orfini contrario

  • Pier Luigi Bersani contrario

  • Rosi Bindi contraria

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References

  1. ^ il mio viaggio in Italia (www.fabriziobarca.it)
  2. ^ "Un partito nuovo per il buon Governo" (www.unita.it)
  3. ^ www.twitter.com/fabriziobarca (www.twitter.com)
  4. ^ (news.google.com)

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