Il referendum non sia un precedente
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- Pubblicato Sabato, 25 Maggio 2013 13:15
In Italia, dunque, a partire dalle Legge 62 le scuole non statali ricevono denaro pubblico sotto forma di: sussidi diretti per la gestione di scuole dell’infanzia e primarie (ex parificate); finanziamenti di progetti finalizzati all'elevazione di qualità ed efficacia delle offerte formative di scuole medie e superiori; buoni scuola per le famiglie nella scuola dell'obbligo. Alle scuole private è inoltre garantito il trattamento fiscale riservato agli enti senza fine di lucro.
Sistemi analoghi, sia pure con le diverse specificità nazionali, sono presenti nella maggior parte dei paesi "storici" dell'Unione Europea, con percentuali di finanziamento statale alle scuole paritarie (per l'edilizia, gli insegnanti e le spese di funzionamento) che vanno dai due terzi delle spese a carico dello Stato in Austria, fino ad una percentuale dell’80-85% della Danimarca. In Francia, gli stipendi del corpo docente delle scuole paritarie sono interamente pagati dallo Stato, mentre in Germania alla media del 40-50% del contributo statale si aggiungono per le scuole religiose i fondi derivanti dall'imposta di culto, garantita costituzionalmente.
Si comprende, dunque, che si tratta di una linea comune a diversi stati membri: il pluralismo scolastico, fa parte del pluralismo culturale, educativo e istituzionale europeo.
Gli obiettivi strategici che l'Europa pone per i sistemi nazionali di istruzione e formazione professionale, nell'ambito della Strategia Europa 2020, sono soprattutto di migliorare qualità ed efficacia, di facilitare l'accesso alla formazione durante l'arco della vita ma anche di aprire tali sistemi al resto del mondo, non intervenendo direttamente nei contenuti educativi nel rispetto della sussidiarietà e delle diversità culturali, ma prevedendo sostegno e azioni integrative dove necessario per garantire la generalizzazione dell'accesso e della qualità.
L'Italia, che soprattutto nella scuola materna e primaria continua a registrare buone performance anche grazie all'offerta integrata - nel caso della materna - di strutture comunali, statali e paritarie, ma mostra ancora indici di dispersione troppo alti e indici troppo bassi nel rendimento e nelle competenze, deve tornare a investire nella scuola e a sostenere le autonomie e l'integrazione fra istruzione e formazione professionale anche nell'alta formazione, utilizzando tutte le risorse educative disponibili nei territori e a livello nazionale, migliorandone la qualità.
In questo contesto, sembra davvero fuori quadro, anacronistica e non consapevole del rischio di descolarizzazione l'iniziativa referendaria sul contributo alle scuole materne paritarie di Bologna. Un referendum che non tiene conto che grazie alla compresenza delle diverse tipologie di scuole per l'infanzia si copre il 98% della domanda della città e che la soppressione delle sezioni paritarie porterebbe ad una diminuzione del servizio e nei fatti ad un aggravio dei costi per l'amministrazione comunale in un momento di forte crisi economica come quello che stiamo vivendo con il risultato di un potenziale aumento delle rette a carico delle famiglie.
A fronte di questo, mi auguro che il referendum di Bologna non rappresenti un precedente perché distoglie, come ha ben scritto Luigi Berlinguer, dalle reali sfide che ha di fronte a sé tutto il sistema scolastico.
Silvia Costa - Eurodeputata Pd
Commissione Cultura al Parlamento europeo