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Il Partito democratico secondo Fabrizio Barca. Si riparte dal popolo democratico

di Maria Rita Galati

Una “memoria politica” per dare corpo a un “partito nuovo per un buon governo”. Tra il pieno e il vuoto di un “partito d’azione” che deve offrire lo spazio per la mobilitazione cognitiva e che ponga i suoi cardini sulle idee. Idee innovative, maturate dal confronto, per sospingere la macchina dello Stato nella direzione richiesta dello sperimentalismo. Dalla memoria politica del già ministro alla Coesione sociale, Fabrizio Barca, alla speranza di decine di militanti e simpatizzanti che – nel patio del rinnovato bar ristorante del parco della biodiversità – lo hanno travolto di interrogativi e dubbi, affogati in un mare di amarezza, con l’intima volontà e la sfacciata caparbietà nel rimanere a galla per crederci ancora. Nella memoria che di fatto declina il progetto per il Pd che ha in mente, Barca prospetta un partito di sinistra come antidoto al “mal governo”. Una sinistra di governo, con un partito rigorosamente separato dallo Stato, sia in termini finanziari, sia con l’assoluta separazione fra funzionari e quadri di partito. Uno Stato troppo governato dai partiti, che insieme a una macchina arcaica e autoreferenziale ha prodotto anni di malgoverno. “Il combinato di partiti stato-centrici e macchina dello stato arcaica – scrive Fabrizio Barca – tende a impedire politiche pubbliche efficaci e dunque buon governo, bloccando tutte le fasi del processo ricorsivo di costruzione dell’azione pubblica”. La visione alternativa di Barca punta su una nuova macchina pubblica, moderna, tecnologicamente avanzata, finalizzata a riequilibrare i divari forti di potere contrattuale fra le diverse articolazioni della società. Barca, introdotto da Salvatore Bullotta, ascolta, prende appunti, annuisce, raccoglie impressioni pronto a sintonizzarsi con l’intima speranza di essere in tempo a salvare un Pd di cui l’Italia ha bisogno. In platea anche il sindaco di Lamezia Terme, Giannetto Speranza.

 

La domanda delle domande: da dove si inizia a cambiare questo partito?

A rompere il ghiaccio il capogruppo comunale del Pd al Comune di Catanzaro, che Salvatore Scalzo parte dall’assunto comune che “senza un partito nuovo non esiste un buon governo. L'assenza di un partito strutturato e organizzato genera una pericolosa dicotomia – spiega il capogruppo del Pd al Comune di Catanzaro - da un lato ci sono gli appassionati che portano avanti la loro azione e dall'altro un corpo morto, silente e trasversale e si assicura il suo perpetuarsi”. Dicotomia sterile, secondo Scalzo che non va alle radici del problema perché “il cambiamento si attua con un sistema forte, una rete virtuosa e non l’atto dei singoli”. Insomma, il nuovo partito vuole innescare un “circuito dinamico di buone idee e metodo”.  Scalzo rimarca di condividere molti punti della “memoria”: prima di tutto il credere nella necessità di un partito strutturato e organizzato sui territori. “Quando manca un partito così esiste una crisi profonda della democrazia nel nostro Paese”. E proprio perché spesso non si trovano certezze nella politica romana, queste dovrebbero essere individuate nella forza dei circoli: il popolo democratico da cui il Partito deve ripartire. Il Pd come “rete di conoscenze” che diventa un corpo unico di supporto ai tecnici perché “non è nelle primarie la soluzione che dà l’apertura al partito ma l’essere aperto alle forze esterne per costruzione della conoscenza. Questo partito, purtroppo, si è schiacciato sulle necessità degli eletti. Il metodo del partito nuovo – dice ancora Salvatore Scalzo - mette assieme persone e conoscenze e fa trovare idee e soluzioni giuste: la gente vuole tornare ad essere protagonista, vuole tornare a partecipare”. Una partecipazione che va oltre le tessere, e che deve andare di pari passo con il protagonismo, non degli eletti ma di chi partecipa alla vita di partito. “Siamo circondati da individualismo crescente – dice ancora il capogruppo democrat -. La domanda delle domande: è da dove si inizia a cambiare questo partito? Abbiamo un correntismo fine a se stesso che discende da Roma con cordate senza sensibilità che giustificano se stesse”. Allora come si trova la via di mezzo tra quello che Scalzo, poi ripreso da Barca, descrive come un corpo vivo, energico del partito e quella parte che ne rappresenta corpo malato? Nel rapporto tra “dignità” e “indegnità” che deve trovare anche il modo di essere rappresentata dimostrando all’esterno, prima di tutto ai giovani, che “le cose stanno cambiando”. Una grande sfida, conclude Scalzo, che deve andare di pari passo con le riforme e che “sarebbe bello vivere nel Pd a cui si dà identità, vera e moderna nell'affermare i valori costituzionali. Da fare assieme nel Pd, a partire dalle energie straordinarie che sono pronte a mettersi in moto”.

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Interventi e domande per poter rimettere in moto il Pd

Tanti gli interventi, i contributi, le domande, la rabbia per quella occasione mancata, per una pagina di storia già scritta da strappare sotto i colpi di errori e prospettive strategiche che partono dalla trasfigurazione di quel Pd che doveva essere la fusione di valori e culture e oggi rischia di diventare davvero un partito liquido e di sparire dopo la trasformazione di stato. Non uno “sfogatoio” ma un raccontarsi per tornare ad essere protagonisti, alla ricerca della comprensione reciproca che solo chi si ritrova a sostenere un governo con il peggior nemico degli ultimi 25 anni, e lo deve ingoiare e spiegare all’esterno, può capire.

L’elenco parte con Donatella Monteverdi, che si dice contenta di vedere tanta gente, e parte dalla premessa di “aver restituito la tessera all'inizio di gennaio, con una decisione molto dolorosa, proprio mentre Barca scriveva la memoria”. Monteverdi rimprovera al Pd “l’incapacità del partito in un periodo così gravido di timori e tremori di dare risposte”, e riparte dalle riflessioni e dalle suggestioni date da Barca, per guardare al Pd ancora più convinta che “così com’è il partito non va” ma “dicendosi altrettanto convinta che senza questo Pd per l’Italia sarebbe una sciagura”. Basta ai “signori delle tessere che diventano signori delle primarie e ai signori romani che assumono decisioni per la propria autoconservazione. Ora è il tempo del coraggio e della proposta – conclude -, altrimenti in questo modo il Partito muore”. Si aggiunge la voce del presidente regionale di Legacoop, Giuseppe Pellegrino che usa come parametro per la riflessione “le migliaia di imprese e cooperative che rischiano di chiudere a causa dell’alto costo del lavoro che significa però ma bassa retribuzione. E’ insopportabile che in questo momento si parli della soppressione dell'Imu per tutti, quasi a voler garantire solo gli amici degli amici”. Quello di Barca, quindi, viene presentato come “un saggio di alto livello. In tutta la sinistra europea manca un pensiero forte, e questo scritto ci dice che il problema vero sono i partiti stato-centrici, e un freno allo sviluppo. Mentre noi – dice ancora Pellegrino - vogliamo un partito diverso”. Tra gli altri interventi – si aggiungono Piero Caprari, Roberto Gariano, Domenico Giampà, Nicola Ventura, Giuseppe Valentino e Attilio Mazzei – segna quello di Simona Dalla Chiesa che sostiene decisa: “Pretendo una netta scelta di campo, non per dividere ma per ritrovarsi sui valori. Sarebbe stato meglio perdere con dignità per ricominciare. Ma almeno oggi abbiamo iniziato a discutere.

Il Partito democratico secondo Fabrizio Barca

Gira l’Italia in lungo e in largo a presentare la sua “memoria” per il Pd che vorrebbe, ma Fabrizio Barca dice di essere emozionato nel ritrovarsi in Calabria, in un posto dove – basta ricordare il parco archeologico di Sibari – è intervenuto come amministratore. “Quello che sicuramente sentiamo tutti gli iscritti è che serve una soluzione che al tempo stesso, da un lato, dia al presidente del Consiglio la presenza del partito robusto, che sappia incalzare il governo a fare le cose giuste e non quelle sbagliate. Dall'altro lato, un governo del partito che abbia coraggio, innovativo, capace di riconoscere i gravissimi errori compiuti e quindi di aprire uno spazio di confronto effettivo al quale spero di collaborare – afferma Barca - . Il partito è stato descritto con quattro pennellate secche: guerre tra correnti che non esistono ovvero cordate senza sensibilità, dicotomia tra corpo vivo, che realizza importanti episodi positivi e un corpo morto che si assicura la sua racconta di rendita anziché innovare”. Un partito, dice senza mezzi termini, di “capi bastone” e “portaborse” che avversa respinge chi cerca nel partito un luogo dove e che “non ha realizzato quella discussione su doveri e diritti sociali che era nella pancia delle tre tradizioni culturali di cui Pd ha realizzato la sintesi”. Un partito – dice ancora Barca – dove predomina l’asfissia romana, quello che i leghisti definivano “tappo”. Invece c’è un partito che potrebbe essere “aperto” e robusto” un “canale di idee, delle voci dei tanti che vogliono tornare ad essere protagonisti”. E’ arrivato il momento di restituire la parola ad un partito fatto di persone che sono un pezzo di sistema di Paese e che “vogliono discutere della ricerca delle soluzioni, che con le proprie idee riescono a suggerire e correggere quello che i tecnici non vedono. Questo è il partito che vogliamo – dice ancora Barca – e come in tutte le operazioni non vogliamo essere velleitari ma vogliamo anche un partito che serve, che può anche essere diverso dal partito che vogliamo”. E al Sud e in Calabria la sfida è sicuramente maggiore perché “la situazione attuale sia del partito che dello Stato è ancora più lontana che nel resto d'Italia da quello che vorremmo, cioè da uno Stato che sia in grado di governare, di monitorare e valutare le cose che realizza, di dare conto ai cittadini e correggere la strada dando conto di come sono usati i fondi pubblici". Sfida ancora maggiore dove "più lontano è il partito, perché è un partito che è in tale crisi che è stato commissariato per sospetti sulle iscrizioni, perché è un partito incrostato, un partito in cui le innovazioni non vengono recepite in maniera appropriata". "Ciò detto - ha concluso Barca - il Mezzogiorno e la Calabria hanno ancora più da guadagnare da un cambiamento proprio perché le risorse sottoutilizzate di questo territorio sono straordinarie. E le stesse regole di una macchina dello Stato rinnovata e di un partito rinnovato, che hanno effetti anche nel resto del Paese, potrebbero avere qui degli effetti straordinari nel senso di riattivazione di risorse umane e risorse naturali. E' una sfida significativa a cui però la Calabria può partecipare solo se i cittadini si convincono di poterne cavare molto”.

 

 

 

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