Il Pd tradisce gli accordi e non vota Nitto Palma Berlusconi: avanti con lui - Politica
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- Pubblicato Mercoledì, 08 Maggio 2013 06:03
Era già successo con l’elezione di Franco Marini, impallinato dal suo stesso partito. E ieri il Pd – aiutato da Movimento 5 Stelle e Sel – si è ripetuto, impedendo l’elezione di Francesco Nitto Palma alla presidenza della commissione Giustizia in Senato, tradendo l’accordo che era stato faticosamente raggiunto nella notte con il Pdl. Per ben due volte l’ex Guardasigilli non ha raggiunto i voti necessari per essere eletto, nella seconda votazione le schede bianche sono state 13 e 13 quelle a favore.
Uno «sgarbo» che il Popolo della Libertà ha preso malissimo, visto che si tratta di una presidenza chiave, che aveva rivendicato proprio Silvio Berlusconi, cedendo anche su quella per le Telecomunicazioni che chiedeva per l’ex ministro Paolo Romani. Oggi ci sarà di nuovo la votazione ma stavolta per essere eletto basterà la maggioranza semplice. E proprio per questo il Pd potrebbe essere tentato di votare un suo candidato. Un nome è già circolato, quello di Luigi Manconi. E se a Nitto Palma venissero a mancare i voti dei montiani sarebbe eletto proprio un senatore del centrosinistra. «Se domani il Pd non garantisce che voterà Nitto Palma, allora non lo voterà nemmeno Scelta Civica», ha ammesso il vicecapogruppo al Senato di Scelta Civica Gianluca Susta. I due componenti del suo partito della Commissione, Andrea Olivero e Gianluca Susta, hanno infatti votato per l'ex ministro della Giustizia, ma non hanno nascosto il loro disappunto, al termine della votazione, per il venir meno dei voti degli esponenti del Pd.
Ma l’atteggiamento dei Democratici – ragionano gli esponenti del Pdl – può diventare un problema anche per il governo. Perché nessuno ormai può garantire che gli accordi fatti con il centrosinistra vengano rispettati. Neppure Enrico Letta che pure ha la necessità di essere sostenuto dal suo partito. E con la mancata elezione di Nitto Palma si inizia a capire quale sia il pericolo sul quale da tempo Berlusconi avverte il suo partito: un’alleanza tra la sinistra Pd e Il Movimento 5 stelle per «sabotare» tutte le volte che è possibile gli accordi fatti con il Popolo della Libertà. Del resto sulla candidatura dell’ex ministro della Giustizia l’intesa che era stata raggiunta ieri notte era subito sembrata fragilissima perché una parte dei Democratici non l’aveva affatto digerita. E ieri, dopo il colpo di mano in commissione, il Pd è venuto allo scoperto, chiedendo a Berlusconi di cambiare candidato: «È evidente – ha commentato un senatore dei Democratici – che su quel nome buona parte del partito non è d’accordo. O il Pdl lo capisce oppure ce lo eleggiamo da soli». Concetto che Felice Casson ha reso più esplicito: «Noi siamo per un candidato condiviso». Che vuol dire cambiate nome e trovate un esponente sul quale siamo d’accordo anche noi.
Diktat che però Berlusconi, furente per l’ennesimo agguato, non ha alcuna intenzione di accettare. Così, mentre a trattare per l’ennesima volta con l’opposizione ha mandato Denis Verdini, ai suoi parlamentari ha detto chiaro e tondo che su Nitto Palma non si tratta: è lui il candidato per la commissione Giustizia e non ci sarà alcun passo indietro. Posizione confermata anche dal capogruppo a palazzo Madama Renato Schifani: «Il Popolo della Libertà ancora oggi ha dimostrato di essere una forza responsabile. Abbiamo votato i candidati del Pd scelti assieme per le presidenze delle Commissioni. Altrettanto non è successo nel caso del nostro senatore Nitto Palma. Ci attendiamo che domani il Partito democratico abbia lo stesso senso di responsabilità. Nitto Palma rimane il nostro candidato».
Lui, l’ex ministro della Giustizia, è rimasto tranquillo. «Non sono sconfortato, quindi non devo essere confortato da nessuno al vertice del partito. Sono sereno: quello che è successo, 8 schede bianche su 8 da parte del Partito democratico con cui avevamo un accordo, indica che non è un problema interno al Pd, com'è successo per Marini, ma è un problema del Pd». Confermando anche di non avere alcuna intenzione di ritirare la sua candidatura: «E perché mai dovrei fare un passo indietro? C'era stato un accordo fatto con il mio partito e che il mio partito ha rispettato anche dopo che il Pd lo aveva violato. E poi: di cosa sarei accusato? Di essere berlusconiano? Di non essere tecnicamente preparato? Di essere "divisivo"? Ricordo che per tre anni ho fatto il sottosegretario all'Interno e poi per tre mesi il ministro della Giustizia, occupandomi con successo della revisione delle circoscrizioni giudiziarie, aprendo alla sofferenza delle carceri, rivedendo il rito per quanto riguarda gli irreperibili. Tutti temi cari alla sinistra. Francamente, a 63 anni, tutte le piccole polemiche non mi interessano. Compresa quella di chi dice che avrei espresso a suo tempo l'opinione che su Nicola Cosentino gli elementi a carico non giustificavano l'eventuale condanna. E allora? Ricordo che anche per lui vale la presunzione di non colpevolezza...».
La Commissione è convocata nuovamente per oggi alle 15. E lì si saprà se la notte ha portato consiglio.
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