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Berlusconi lascia correre e nasce l’asse Pd-Monti-Lega

Berlusconi lascia correre e nasce l’asse Pd-Monti-Lega

A tarda sera quando ancora le luci del Senato sono accese, un senatore democratico vicino a Massimo D’Alema la butta lì: «L’accordo con Scelta Civica c’è, questa è la linea che sta seguendo il Pd. La Lega si è ormai smarcata da Berlusconi e dal Pdl, e tratta con noi. L’ultimo nodo da sciogliere è quello della ripartizione delle Presidenze di Camera, Senato e del Capo dello Stato».

Insomma, il dado è tratto. Le resistenze del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo ad allearsi con il Pd aprono non si sa quanto inaspettatamente a un governo anomalo, che potrebbe durare anche fino al 2014. Silvio Berlusconi sornione resta fuori dalla trattativa, anzi intervenendo al Tg4 al termine di una giornata confusa, conferma: «Noi ci chiamiamo fuori da ogni trattativa di spartizione delle principali cariche istituzionali». Poi si vedrà. 

In realtà quello dell'ex premier sembra un Aventino molto interessato. Tattico. L’accordo con il Pdl si sarebbe potuto anche fare, ma i berlusconiani avrebbero alzato un po’ troppo il tiro. DI certo non c’entrerebbero nulla «i processi di Berlusconi», come spiegano a Linkiesta, anche se dalla procura di Napoli che oggi ha arrestato Sergio De Gregorio filtrano sempre indiscrezioni minacciose. Lo scoglio sarebbe stato una richiesta del Pdl, ovvero la riconferma al Senato per Renato Schifani. Una richiesta «inaccettabile», che avrebbe fatto sobbalzare tutto lo stato maggiore dei democratici, e, persino, il premier Mario Monti.

Del resto, in questa fase, proprio il premier uscito malconcio dal voto, è tornato il protagonista. È lui il garante della cosiddetta «trattativa» per salvare il Paese dall’ingovernabilità e dagli attacchi dei mercati internazionale. Per l’ex presidente della Bocconi si prefigurano quindi due scenari: o lo scranno più alto di Palazzo Madama, o il Colle. Nel primo caso, come illustra un costituzionalista, «due minuti dopo esser stato eletto Presidente del Senato, si recherà dal Capo dello Stato, e rassegnerà le dimissioni. A quel punto il Quirinale, alla luce dei poteri conferitogli dalla Costituzione, consegnerà l’interim ad uno dei ministri della compagine di governo». Ma negli ultimi minuti starebbe prendendo forma la seconda ipotesi, quella che vedrebbe Mario Monti puntare dritto dritto al Colle. 

Dietro questa «trattativa» ci sarebbe poi dell’altro: la prossima campagna elettorale. Al Nazareno, sede del Partito Democratico, sanno che un governo a guida Bersani durerebbe pochi mesi, sei al massimo. E anche un governo «del presidente», o «istituzionale», non supererebbe i dodici mesi: con tutta probabilità si andrà a votare insieme con le prossime elezioni europee nel 2014. Ecco perché i democratici starebbero pressando la compagine montiana per un’alleanza elettorale in vista delle prossime politiche. D’altronde, analizzando dettagliatamente gli ultimi risultati, se il Pd si fosse alleato con Scelta Civica avrebbe potuto conquistare il premio di maggioranza al Senato in due regioni del sud, come Calabria e Puglia, e, soprattutto, in Lombardia. 

Ma i giochi sono ancora appesi alle decisioni che verranno prese per le presidenze di Camera e Senato. Come detto, Berlusconi non sarà della partita. Eppure il Cavaliere non intende rinnegare la posizione di Roberto Maroni e della Lega Nord, che stanno trattando con il Partito Democratico per un voto esterno. Non a caso il leader del centrodestra non ha minacciato ripercussioni o spaccature sulle giunte di Veneto, Piemonte e Lombardia. Anzi, la Lega potrebbe essere il suo cavallo di Troia nella tenuta di un esecutivo a trazione Pd-Monti dai contorni ancora da definire. A questo si aggiunge che sulle presidenze di Camera e Senato ci potrebbe essere uno zampino sempre di Berlusconi.

A quanto pare, al momento, il favorito per la presidenza della Camera è Lorenzo Dellai, montiano, molto vicino ai democratici. A palazzo Madama invece continua a circolare il nome di Anna Finocchiaro, ma proprio su questa sedia nelle ultime si fa sempre più insistente il nome di Mario Mauro, l’ex europarlamentare che fece esplodere il caso Berlusconi in Europa. Al momento non sono chiare le ripercussioni che potrebbe avere un ruolo di Mauro a palazzo Madama. Ma qualcuno ricorda che comunque faceva parte della grande casa del Popolo della Libertà e non è detto che possa trasformarsi in un interlocutore proprio con i pidiellini.  

La situazione è comunque fluida. A quanto pare Berlusconi non avrebbe chiuso la porta a una sua salita al Quirinale. Ipotesi molto lontana, certo, che però rischia di mescolare ancora di più le carte per la partita del Colle. Infine c’è il nodo legato al premier. Bersani potrebbe farcela. Ma proprio la Lega nelle ultime ore ha ribadito la sua intenzione di volere come premier Anna Finocchiaro: in questo caso la nomina di Mauro al Senato sarebbe congeniale a tutto lo schema. E Bersani? C’è chi lo candida insieme con Monti sempre per il Quirinale. 

@GiuseppeFalci

@ARoldering

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