Bindi: "Ora l'ultima sfida è quella di convincere i delusi"
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- Pubblicato Lunedì, 18 Febbraio 2013 09:01
Il senso di responsabilità contro il voto di protesta. Per Rosy Bindi è tra queste due opzioni che si giocherà la partita, in questi ultimi giorni di campagna elettorale. La presidente del Pd, candidata capolista in Calabria, dice che «il fallimento della destra è sotto gli occhi di tutti, soprattutto nel Mezzogiorno», ma che l`avversario da battere, adesso, è «la tentazione che può esserci in tanti elettori di rinunciare, di dire sono tutti uguali, l`idea che non c`è niente da fare e che quindi è meglio astenersi o dare un voto di protesta, di rifiuto, un voto antisistema».
Qualcuno può anche pensare di votare Grillo per lanciare un segnale: non è legittimo?
«Il problema è che non si darebbe un segnale, si metterebbe a rischio la possibilità di far uscire il Paese dalla crisi di sistema in cui si trova. Io capisco la rabbia, la sfiducia, ma non è con le proposte irrealizzabili o pericolose di Grillo che si risolvono i problemi, con i suoi metodi antidemocratici, con la proibizione ai suoi candidati di andare in televisione, l`idea di sollevare un assessore perché incinta, il rifiuto di farsi porre delle domande».
Dice che è per questo che Grillo non è andato in tv?
«E perché altrimenti? Il suo modello è Piazza Venezia. Una volta c`era il balcone, adesso ci sono i palchetti, ma cambia poco. Grillo è capace soltanto di parlare a delle piazze che non lo interrogano, di sfruttare per suoi fini personali la rabbia che c`è in tante persone».
E però il Pd cosa offre a questi elettori delusi, sfiduciati, anche arrabbiati?
«Il Pd può legittimamente chiedere di avere fiducia nel rapporto che può esserci tra politica, istituzioni, e cittadini. Perché noi abbiamo dimostrato di essere credibili, perché tutto quello che abbiamo annunciato poi lo abbiamo fatto, perché si è vista tutta la differenza che c`è tra noi che parliamo di fedeltà fiscale, unità nazionale, uguaglianza e una destra che parla di condoni, di un Paese da dividere tra Nord e Sud, che ha teorizzato la disuguaglianza come fonte di ricchezza e, anche, una destra che ha fallito alla prova del governo».
Se è per questo anche il centrosinistra per due volte ha vinto le elezioni e per due volte non ha portato a termine il mandato degli elettori.
«Guardi, la verità è che noi le elezioni non le abbiamo mai vinte. La prima volta, nel `96, c`è stata la desistenza di Rifondazione comunista, che dopo due anni ha fatto cadere Prodi. E la seconda volta, nel 2006, non avevamo la maggioranza al Senato. È ora, per la prima volta, che possiamo vincere e che gli italiani potranno chiederci conto di quanto diciamo».
Non starete sottovalutando le capacità di rimonta della destra?
«È vero che Berlusconi ha un po` recuperato, ma la maggioranza degli elettori ha capito che per ottenere un vero cambiamento deve dare fiducia a noi. Io lo vedo in modo particolare in Calabria, dove la delusione nei confronti della destra è ancora più forte. Se il Paese in questi anni si è fermato, e anzi ha fatto anche passi indietro, il Mezzogiorno ha registrato un arretramento preoccupante e anche pericoloso, per colpa dei governi Berlusconi che hanno teorizzato la necessità di abbandonare a se stesso il Sud per far correre il Nord, teoria infondata, e dei governi regionali di centrodestra che sono stati complici di questa sciagurata operazione. Noi lo abbiamo scritto nel nostro programma che l`Italia riparte se riparte il Mezzogiorno, che vanno superate tutte le disuguaglianze, a cominciare da quella tra Nord e Sud, e saremo di parola».
Sempre che riusciate a ottenere la maggioranza anche al Senato...
«È chiaro che dobbiamo vincere, e vincere bene, perché non possiamo annacquare il nostro programma. Dopodiché non smentiremo la nostra linea, che è quella di ricercare una collaborazione con Monti. La cattiva predicazione di Grillo e Berlusconi non potrà che tradursi in Parlamento, con noi al governo, in una posizione irresponsabile, sfascista, mentre il Paese a questo punto richiede il massimo della responsabilità per approvare le necessarie riforme strutturali e la collaborazione di tutte le forze riformiste».
Il problema è che Monti non ritiene Vendola un riformista: l`alleanza Pd-Sel rimarrà anche dopo le elezioni?
«Certo, l`abbiamo scelta con le primarie e non è che si vince con Vendola e si governa con Monti. Non ci sono piaciuti gli attacchi al leader di Sel, e Bersani ha fatto bene a chiarire che sarà lui a dirigere il traffico. Il perno dell`alleanza è cioè il Pd, e di questo deve tener conto anche Vendola, che a me piace più quando fa l`uomo di governo che il capo di un piccolo partito».
Parlava di riforme strutturali da approvare: a cosa si riferisce?
«Riforme istituzionali come la diminuzione del numero dei parlamentari, una legge elettorale a doppio turno, che vanno affrontate subito e non lasciate per la fine della legislatura. Tra le priorità ci sono anche il conflitto di interessi e la riforma della giustizia. Poi bisogna prevedere qualche aggiustamento all`impianto del Titolo V, un ripensamento di tutti i grandi settori del welfare anche riprendendo in mano le riforme del governo Monti sulle pensioni e sul mercato del lavoro, una riforma del sistema fiscale e un pacchetto sui diritti civili».
E misure per rispondere nell`immediato alla crisi?
«Serviranno politiche keynesiane, investimenti pubblici per far ripartire l`economia e dare lavoro, partendo proprio dal Mezzogiorno, da opere pubbliche, scuole, investimenti con cui riqualificare il welfare. E poi dovremo affrontare il grande capitolo Europa, perché l`accordo siglato nei giorni scorsi a Bruxelles è la dimostrazione che l`Unione non si è ancora convertita né al Mediterraneo né all`obiettivo della crescita, che invece sono fondamentali per superare la crisi in corso».