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La lezione della crisi: ora serve una nuova governance globale

Penso che la devastante crisi economica e finanziaria internazionale cominciata nel 2008, i cui effetti si sentono ancora in molti paesi, in particolare in Europa, ci abbia consegnato una lezione importante: non ricadere in un modello economico che ha avuto pesanti ripercussioni sui diritti dei lavoratori, sul welfare, sul costo del lavoro e sui salari, aumentando gli squilibri e producendo una crescita diseguale. Un sistema che ha fallito. 

Ricordiamo intanto come le origini della crisi siano rintracciabili nella controrivoluzione neoliberale e come essa sia il culmine di una serie di crisi che, in vari momenti, hanno colpito diverse parti del mondo. Non è mia intenzione sottovalutare il ruolo che la finanziarizzazione dell`economia e la speculazione finanziaria hanno giocato in tutto questo, ma ora intendo concentrarmi su altri aspetti del modello economico dominante, impostosi in parallelo con il processo di globalizzazione e basato sulla ricerca ossessiva della competitività e sul dumping fiscale. Parliamo di un modello che ha come presupposto il fatto che ciascun paese debba fondare la sua crescita principalmente sull`export, mentre gli americani consumano, si indebitano e il loro debito viene acquistato dalla Cina. 

In questo scenario, è chiaro che noi progressisti dobbiamo cercare un`alternativa. Ciò di cui abbiamo bisogno oggi è un cambio di paradigma nella politica economica e nella governance globale che sia in grado di affrontare le instabilità e gli squilibri strutturali finanziari. 

Quindi, è necessario passare da quel modello di competitività selvaggia, a cui accennavo sopra, a un nuovo modello che definirei cooperativo. 

Intendo un complesso di azioni coordinate a livello globale che dovrebbe ridurre le diseguaglianze, rafforzare i mercati interni mediante un sistema di salari più equo, promuovere i diritti sociali, coordinare la tassazione sui redditi finanziari, lottare contro i paradisi fiscali, ridurre gli squilibri. Le conseguenza sarebbero, a mio parere, la diminuzione dei rischi di conflitti sociali e la creazione delle condizioni per una crescita stabile e, come direbbero i cinesi, armoniosa. E tutto ciò avrebbe effetti positivi su diversi gruppi sociali all`interno di ciascun paese e tra diverse aree del mondo. 

Ritengo che un simile modello cooperativo si imponga anche a causa della crescita inesorabile delle interconnessioni fra gli attori globali. Nessun paese, infatti, è in grado da solo di determinare l`andamento della propria economia. 

Questo vale per tutti, Stati Uniti e Cina compresi. D`altra parte, abbiamo visto come il mantra neoliberale dell`autoregolamentazione dei mercati non funzioni e come le politiche neoliberali non siano riuscite a creare un ambiente economico che promuova crescita, occupazione e uguaglianza allo stesso tempo. Ecco perché dobbiamo imboccare un`altra strada, riconoscendo che un sistema stabile che favorisca questi tre obiettivi possa essere realizzato attraverso il ruolo essenziale dello Stato e delle istituzioni internazionali. 

Sono molti i passaggi necessari per arrivare a un tale sistema cooperativo. Ne indico solo alcuni. In primo luogo le autorità monetarie e le istituzioni di supervisione dovrebbero assumere un ruolo più incisivo per promuovere la stabilità finanziaria. Poi, bisognerebbe porre rimedio alla mancanza di un sistema di regole multilaterali per la gestione dei sistemi di cambi e aumentare la cooperazione finanziaria a livello globale e regionale per stabilizzare le condizioni macroeconomiche. 

Un`altra considerazione riguarda il fatto che la stabilità finanziaria nel lungo periodo non sarà sostenuta in un`economia che non cresce e non crea lavoro. 

Occorrerebbe quindi un sistema finanziario che sostenga l`economia reale, piuttosto che un sistema finanziario che rincorra il rischio e la speculazione. Da questo punto di vista un meccanismo efficace potrebbe essere la tassa sulle transazioni finanziarie. Infine il capitolo della governance economica: le istituzioni internazionali mancano di trasparenza e non rispondono ai cittadini. 

Dovremmo dunque chiederci come riformare organizzazioni quali il Fondo monetario internazionale e non solo per assicurare la stabilità finanziaria, ma anche per rendere i loro processi decisionali più efficienti e trasparenti. Così come bisognerebbe intervenire per incrementare la legittimità democratica e la rappresentatività di organizzazioni internazionali come il G7, il G8 e il G20, il quale rappresenta pur sempre un passo in avanti rispetto ai primi due. 

Continuo a coltivare l`idea, che i più considerano un`illusione, che un valido sistema di governance globale possa essere costruito solo entro la cornice delle Nazioni Unite e delle sue agenzie. 

Pubblichiamo ampi stralci dell`intervento di Massimo D`Alema alla conferenza internazionale «Macroeconomic Cooperation and the International Monetary System» che si è svolta ieri a Washington, organizzata dalla Feps (che raccoglie le Fondazioni della sinistra europea) e dall`Initiative for Policy Dialogue di Joseph Stiglitz.

References

  1. ^ L'Unità (www.unita.it)

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