Il Partito Democratico deve voltare pagina. Prima che sia troppo tardi » Caffè (s)corretto - Blog
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- Pubblicato Domenica, 22 Settembre 2013 18:59
Raramente ho visto una cosa così raffazzonata come l’Assemblea nazionale del Pd di venerdì e sabato all’Auditorium della Conciliazione.
Raramente, prima di sabato, avevo visto dare il via ad una votazione e non saperne mai l’esito.
Raramente ho visto tanto masochismo raccolto in così pochi metri quadri.
Raramente ho visto tanto egoismo mostrarsi così apertamente in pubblico.
Una parte della vecchia dirigenza del Pd è disposta a tutto pur di non far girare pagina al partito. A costo – paradossalmente – di far saltare per aria la tanto amata Ditta. “Muoia Sansone con tutti i filistei” si sarebbe detto una volta.
Il Pd ha perso le elezioni (si, le ha perse, la cosa non è in discussione, è un dato di fatto) ormai sette mesi fa. Da allora qualcuno lavora affinché quell’evento venga sostanzialmente rimosso. Sto parlando dell’ex segretario Pier Luigi Bersani e di alcuni suoi “fedelissimi”.
Una rimozione della sconfitta che va avanti da troppo tempo. Dopo il 25 Febbraio - è bene ricordarlo – Bersani si intestardì in un tentativo di dar vita ad un governo – il famigerato governo di Cambiamento – che tutti – ma proprio tutti – nel PD sapevano destinato al fallimento. Un fallimento che aprì le porte alla pessima gestione della vicenda dell’elezione del presidente della Repubblica.
Perché anche questo va ricordato: la gestione di quei giorni – che portò quasi alla morte del Pd – fu figlia della volontà di Bersani di dare vita a quel famoso governo di cambiamento. Cosa che l’arrivo di Franco Marini al Quirinale, grazie all’accordo con Berlusconi, si sarebbe potuta forse avverrare.
Oggi quegli stessi spezzoni di partito vogliono impedire al partito di “voltare” pagina e dare vita ad una nuova era del Partito Democratico.
Una nuova fase che non può che iniziare con un congresso vero. Un congresso che – qualcuno – per motivi diversi – vorrebbe rimandare il più possibile. Qualcuno per paura che il congresso, e il suo esito, possano in qualche modo aumentare l’instabilità politica in Italia, qualcun altro perché vuole limitare e/o rimandare l’impatto delle primarie nazionali consegnando a Matteo Renzi – favorito del momento – un partito non governabile.
Eppure, mai come oggi il Pd ha bisogno di voltare pagina. A dirlo con chiarezza è stato proprio Gianni Cuperlo, il candidato che Bersani ha scelto di sostenere. “io avrei fatto il congresso a luglio” ha detto Cuperlo. Perché la crisi del Pd – che per usare una battuta non è mai stato un partito così liquido – è sotto gli occhi di tutti e risolverla non è più procrastinabile.
Come scrive Stefano Menichini sul suo “Europa”, Bersani sembra essersi ritagliato il ruolo – distruttivo – di frenatore:
Bersani (…) pare davvero essersi ritagliato il ruolo più antipatico di frenatore, di ostruzionismo contro tutti e tutto, un problema innanzi tutto per il candidato che in extremis e palesemente controvoglia s’è rassegnato ad appoggiare
Per questo motivo da lunedì a venerdì si gioca forse la partita decisiva del futuro del Partito Democratico. E’ necessario che venerdì la direzione nazionale studi un iter che permetta di votare l’otto dicembre per il segretario nazionale.
Ecco, un ruolo decisivo perché questo accada lo giocheranno sicuramente i candidati che dovranno fare una sorta di patto d’onore per arrivare a blindare la data votata in assemblea. Ma soprattutto su questa battaglia, che in qualche modo è la battaglia per tener vivo il Pd, è necessario che si faccia sentire ”la nuova classe dirigente del Pd”. Sto parlando di quei trenta-quarantenni che sono già classe dirigente nelle varie amministrazioni locali.
Sono coloro che dovranno prendere in mano il futuro del Pd. Sto parlando di gente come Debora Serracchiani, Stefano Bonaccini, Matteo Ricci, Antonio Funiciello – per citarne alcuni nello schieramento “renziano”; ma ce ne sono anche a sostegno di Cuperlo, e penso anche allo stesso Pippo Civati, già consigliere regionale da due legislature.
Saranno loro – soprattutto – che dovranno impedire al Pd di fare l’ennesima brutta figura davanti a tutta Italia.
Intendiamoci, toccare l’8 dicembre significa perdere l’ultimo brandello di credibilità rimasto a questo partito.
Certo, poi ci sarà da ragionare sul come tenere insieme il Governo di Enrico Letta e la leadership di Matteo Renzi.
Ma questo è un altro discorso di cui parlerò molto presto.
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