DDC

DovereDiCronaca®

Delitto Ceste, Elena uccisa da mente fredda e calcolatrice ...

Asti - 24 gennaio 2014. 

Elena, 37 anni, scompare tra le 8 e le 9 del mattino dalla sua casa di Motta frazione di Costigliole D'Asti, nell'astigiano. A dare la notizia è il marito della vittima, Michele Buoninconti, che racconta di essersi accorto della sparizione della moglie al suo rientro, dopo aver portato i quattro figli a scuola. Dalle prime ricostruzioni l'uomo sembra aver dato tempestivamente l'allarme, convinto della fuga della moglie o di un rapimento. Le indagini partono e proseguono incessanti, ma di Elena nessuna traccia... per mesi. Poi la svolta: il 18 ottobre 2014 i resti di uno scheletro vengono casualmente rinvenuti in un rivo. Il test del DNA conferma che si tratta di lei: è Elena. Dall'autopsia non emergono dettagli particolarmente rilevanti senonché l'assoluta assenza di veleni o altre sostanze che avrebbero potuto provocare la morte della 37enne. Gli inquirenti non hanno dubbi, Elena è stata ammazzata e la morte è sopraggiunta per asfissia. Tra i sospettati finalmente c'è il marito, tradito da alcune incongruenze: in primo luogo, l' uomo aveva affermato di aver visto sua moglie nel cortile la mattina della scomparsa, mentre i figli dicono di non aver visto la madre quella mattina; in secondo luogo la menzogna sul cane Gandalf, cucciolo di famiglia, riportato all'ex-proprietario con la scusa di non riuscire a gestirlo; ma qualcuno invece dichiarò che fu  allontanato perché in grado di ritrovare la padrona. Ma ad inchiodare l'omicida, saranno le telefonate da lui effettuate: Michele la mattina del 24 gennaio infatti chiama il cellulare della moglie ben cinque volte in pochissimo tempo, minuti, trovandosi proprio nel luogo del ritrovamento del corpo come emerge dalle celle telefoniche; evidentemente il colpevole, preso dall'ansia di essere scoperto, compie un passo falso, credendo di aver sepolto insieme ad Elena anche quella che teme possa essere l'unica prova ad incastrarlo, e cioè il cellulare della moglie, che squilla infatti nella sua auto. Il buoninconti è stato condannato a 30 di carcere, dopo l'arresto avvenuto il 29 gennaio 2015. La sentenza afferma la premeditazione dell'omicidio, descrivendo come il marito abbia preparato il tutto nei dettagli, tracciandone un profilo spietato, freddo e calcolatore. Il movente è piuttosto banale, come sempre il male è, banale: odiava la moglie. Il risentimento nei confronti della moglie sarebbe risalito all'autunno del 2013, quando i coniugi ebbero un primo confronto sulla situazione familiare. Rilevante anche la testimonianza di un'amica di Elena, che ebbe una conversazione con la vittima qualche giorno prima, durante la quale quest'ultima affermava di essere "triste" per quanto concerneva la situazione in casa e il destino dei figli.

Nei due anni appena trascorsi l'assassino ha più volte tentato di avere contatti con i propri figli, ma questa possibilità gli è sempre stata negata, già privato della patria potestà, a causa di atteggiamenti intimidatori e minacciosi come frasi del tipo:"non dite che litigavo con mamma" o "l'avevo raddrizzata quella donna".

Ecco, sono queste le modalità che colorano di tinte fosche e oscure un quadro familiare tutt'altro che idilliaco e purtroppo questa storia appartiene ad una lunga serie di violenze sulla donna, un crimine che devasta nel profondo l'esistenza di intere famiglie. Dovere di cronaca

di Alessandro Miccinesi

 

 

Rubriche