Elena Ceste muore il 24 gennaio 2014 - Consapevolezza vs Femminicidio
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- Pubblicato Martedì, 23 Gennaio 2018 17:21
Elena Ceste. Elena
Morì, per l'ultima volta, il 24 gennaio del 2014 all'età di 37 anni, in un paese della provincia di Asti in Piemonte.
La storia di Elena è comune a moltissime donne e avrebbe potuto accadere in qualunque altro paese, del Sud Italia per esempio, come ad Angri nella provincia di Salerno, dove nacque e visse il suo assassino.
Dopo la seconda sentenza di condanna a 30 anni di carcere per il marito Michele, Doveredicronaca dedica a lei, ad Elena, questo giorno: ventiquattro gennaio. Oggi Elena rappresenta tutte le innumerevoli donne oggetto di violenza morale e psicologica prima che vittime di omicidio. Le dedicheremo tutto, e attraverso di lei dedicheremo questo giorno a francesca, matilde, adele ...
Ricevo via internet spesso notizie sui “fatti vostri” e per questo vi ringrazio, per la fiducia e la stima che mi accordate. Continuate a farlo, anche se le risposte non sempre arrivano immediate, o a volte mi sfuggono, ma voi continuate a scrivermi. Serve. Serve perché le dinamiche della sopraffazione e della violenza sono assolutamente le stesse per tutte. E questo vi sia di enorme sollievo.
E' chiaro che non sempre c'è violenza in quello che leggo, e questo va detto subito per sgomberare il campo dal superfluo. Cosa non è violenza? Una parolaccia. Una. Una tantum. Persino uno schiaffo. Uno. Uno sporadico in svariati anni di convivenza ad esempio… in frangenti particolari ... incomprensioni, bisticci ogni tanto: la non ripetitività insomma. La sopraffazione invece è una dinamica sistematica, attuata con schematismi reiterati, quando casuale non è violenza di genere e va valutata per quello che è, per l'origine che ha.
Parlando di violenza, non si può prescindere dall'humus intorno e sottostante, che la nutre e l'alimenta. Se definiamo la violenza sulle donne come una piaga sociale, quindi un vero cancro, diciamoci la verità, non si è mai visto alcun tumore maligno capace di uccidere senza un micro ambiente favorevole.
Esistono, credo, tre modi per affrontare l'argomento "Femminicidio", quello controproducente che porta audience e soldi, quello che tenta di eradicarlo con la prevenzione e la sana informazione, poi ce n'è un terzo, la chiave di volta secondo me, e che deve appartenere assolutamente alle vittime: la consapevolezza.
Elena oggi ci aiuterà attraverso la sua storia a non sottovalutare i cosiddetti campanelli d'allarme, mentre qui offrirò stralci utili tratti dalle vostre storie, in modo che Insieme si possa provare ad essere più consapevoli. Dobbiamo farlo insieme per forza, perché qualsiasi piaga, qualunque malattia sociale si compone di tante fasi, cioè di più d'un passaggio cruciale.
Il primo elemento che mi colpì durante l'intero arco delle indagini del caso Ceste fu la difesa a spada tratta del marito da parte della famiglia d'origine. Nessuno familiare dubitò di lui, al punto da arrivare tutti ad immaginare che davvero questa povera signora si fosse svestita completamente nel cortile di casa sua a gennaio, uscendo poi nuda e scalza, sotto la neve, oppure che avesse avuto, mamma di quattro bambini, incontri clandestini nell'abitacolo di un' automobile all'interno di un parcheggio, filmata persino da una telecamera, o tanto da credere che la vittima fosse una donna mentalmente provata e sofferente, cioè esattamente come emergeva da alcuni pseudo resoconti del marito. Uomo creativo e fantasioso come minimo. I genitori della stessa vittima, d'altro canto, sembrava che non osassero sospettare di un soggetto che invece aveva tutti i tratti caratteriali della morbosità e del bisogno di controllo sulla famiglia: "la ragione dell'omicidio deve essere ricercata nell'esigenza di Buoninconti di affermare il suo dominio" si legge infatti nella sentenza.
Viviamo in un clima di misoginia questo è vero, ma bisogna smetterla. E dobbiamo smetterla, perché la tipologia del soggetto violento non proviene, in genere, dal nulla. E' frutto di un microcosmo carico d' odio, intriso di comportamenti frustrati, misogini e soprattutto recidivi. Recidivi.
Le ragioni dell'odio possono essere molteplici, spesso è l'indole stessa della vittima, in questo caso una bella e valida ragazza del nord, dal carattere socievole, ad essere vissuta come disturbante dal maschio possessivo ... ed i caratteri più facilmente oggetto di tanta violenza sono quelli insicuri e accondiscendenti.
Elena trascorse l'ultima estate della sua vita completamente da sola, mentre il marito, suo carnefice, era in vacanza con l'intera famiglia. Le condotte violente si avvalgono infatti dell'isolamento e del plagio, affinché le stesse non trapelino, e affinché non si intacchi il meccanismo del controllo da parte del carnefice sulla sua vittima, che dunque non deve poter parlare troppo e meno frequenta altri familiari meglio è.
Tra le mail ricevute Maria descrive una storia molto simile a quella di Elena. Il marito ha un carattere predominante, che mai sopporta d'essere contraddetto. L'uomo manifesta una marcata tendenza a voler isolare la moglie per bisogno di gestire personalmente ogni relazione familiare, che deve passare perciò solo attraverso di lui. Le mente e l'ingiuria abitualmente, isolandola e picchiandola spesso.
Quello del Femminicidio è un micro ambiente intriso di menzogne, cinismo, violenze morali e ossessiva necessità di gestire e manipolare il rapporto umano. La bugia sistematica è infatti il primo e più semplice mezzo per tentare di esercitare un controllo sulla realtà. Quante volte è stata infangata Elena Ceste? Quanto sommerso resterà per sempre nella sua storia? Quanto altro male aveva sicuramente subito ?
Castelli di Fango - Matilde ci racconta di aver saputo che alcuni episodi drammatici, accaduti in casa sua da ragazza prima di sposarsi, venivano utilizzati dalla suocera qua e là … condizionando l'altrui opinione nei suoi confronti… al bisogno. E mi racconta come la stessa suocera, una signora con diversi problemi non solo economici, ancora oggi dopo tanti anni convinca il figlio a non farle mai sapere nulla di qualunque cosa dica di sua moglie a lui o ad altri, screditandola sistematicamente, ma mai apertamente in modo che la vittima non possa difendersi. Matilde si chiede se anche questa non sia per caso violenza, come gli insulti costanti e le percosse. Va dunque intanto detto che questi personaggi nella stragrande maggioranza dei casi hanno mamme complici, per interesse, rabbia frustrazioni varie... genitrici plagianti, più raramente i padri, che quindi li istigano alla violenza verbale e fisica.
Riguardo all'evitamento del dialogo aperto, non dipende affatto da te Matilde. E' il mero tentativo di impedire che tu, anche soltanto con due o tre parole, peggio se a voce bassa, possa smentire eventuali menzogne, ed altre torture morali, facendo indi cadere quei famosi castelli di fango, non più su di te, ma su chi li costruisce così faticosamente.
Consapevolezza - Francesca racconta che quando prova a rispondere con lucidità e razionalità alle cattiverie e alle bugie del marito questi, se non la picchia, o quando non la travolge con frasi volgari e violente, la zittisce così: “il problema è nella tua testa crei un malessere inesistente e lo proietti nella realtà, fai una vitaccia” Ed è in quei momenti che lei teme di impazzire.Eccola, invece, la chiave di volta. Consapevolezza.
In quanti momenti avrebbe potuto alzare la testai Elena? Se avesse parlato subito di probabili maltrattamenti, fisici e psichici, le avrebbero creduto?La consapevolezza allora deve essere anche quella di chi sta intorno. Possibile che tra i familiari di Elena, nessuno avesse mai percepito quella condotta del marito, quelle modalità ... le stesse descritte oggi dai magistrati?
Quanto femminicidio ha subito Elena? Quanto dolore nascondeva il suo sorriso?
E quindi, quanti Michele Buoninconti incontriamo ogni giorno. Con quanti familiari che sanno, che immaginano tutto o quasi, ci relazioniamo.
Ddc